... sta arrivando una catastrofe
Le pallottole ricoperte di zucchero del “libero mercato” stanno uccidendo i nostri figli. L’atto dell’uccidere è orchestrato,
con fare distaccato, attraverso il commercio di programmi per il
computer nelle Borse Merci di New York e Chicago, dove vengono stabiliti
i prezzi mondiali del riso, del frumento e del granturco. Persone di
paesi diversi vengono simultaneamente impoverite a causa del meccanismo
del mercato mondiale. Una
piccola parte di istituzioni finanziarie e società per azioni mondiali
ha la capacità di determinare i prezzi degli alimenti base quotati nelle
Borse Merci, con ripercussioni dirette sul tenore di vita di milioni di
persone in tutto il mondo.
Così si esprime il professor
Michel Chossudovsky nell’ultima pubblicazione del Global Research
Institute di Ottawa, “The Global Economic Crisis: The Great Depression
of the XXI Century”. Un bilancio drammatico: la crisi economica mondiale
ormai dilagante è la vera “grande depressione del XXI secolo”. Un
vertiginoso «processo di impoverimento mondiale» che ha raggiunto la
massima svolta, «portando alla diffusione simultanea di carestie nelle
principali regioni in via di sviluppo». Espressione biblica: carestia.
E’ quella che l’economista canadese, direttore del prestigioso centro
studi indipendente, non esita ad usare: «La carestia è la conseguenza di
un processo di ristrutturazione del “libero mercato” dell’economia mondiale, che trova le radici nella crisi del debito pubblico dei primi anni Ottanta del secolo scorso».
Non
si tratta di un fenomeno recente, collegato alla crisi
economico-finanziaria del 2008-2009, come suggerito da numerosi analisti
occidentali: «La povertà e la denutrizione cronica erano condizioni già
esistenti». Spiega Chossudovsky: «Le impennate drammatiche nel prezzo
del cibo e del carburante, che hanno preceduto il crollo finanziario del
2008-2009, hanno contribuito all’inasprimento e all’aggravamento della
crisi del cibo», di fatto già esplosa. «Queste impennate nei prezzi, che
raggiunsero un picco nel luglio 2008, hanno colpito il mercato
degli alimenti base, inclusi i prezzi al dettaglio nazionali, in tutte
le regioni del mondo». Di qui il dilagare dei movimenti di protesta:
prima delle rivolte in Tunisia e in Egitto, le impennate dei prezzi del
cibo e della benzina avevano fatto scoppiare proteste in diverse regioni
del mondo. Particolarmente critica la situazione in paesi come Haiti,
Nicaragua, Guatemala, India e Bangladesh.
Un copione molto simile quasi
ovunque: prezzi alle stelle, aumenti improvvisi del 40%, il costo del
riso che raddoppia e diventa proibitivo per un operaio bengalese
costretto a vivere con 25 dollari al mese. Tra il 2007 e il 2008 le
prime rivolte: in Bangladesh, al Cairo, in Costa d’Avorio dove in
migliaia hanno marciato verso la casa del presidente Laurent Gbagbo,
scandendo slogan come “abbiamo fame” e “la vita è troppo cara, ci
ucciderete”.
Manifestazioni analoghe, con scioperi e scontri, si sono succedute in
Bolivia, Perù e Messico, in Indonesia e nelle Filippine, in Pakistan e
in Uzbekistan, in Thailandia, nello Yemen, in Etiopia e nella maggior
parte dell’Africa sub-sahariana.
Un capitolo a parte nella nuova
geografia dell’apocalisse riguarda la Somalia, dove dal 2008 la
vertiginosa ascesa dei prezzi del cibo e del carburante ha precipitato
la popolazione nell’incubo della fame, cui si aggiunge la penuria d’acqua:
il bestiame di cui le persone si nutrono cade improvvisamente morto
sulla sabbia, gli abitanti dei villaggi stanno morendo di fame e di
sete: «Molti somali stanno cercando di contenere l’inedia con una farina
sottile cotta nell’acqua,
prodotta da rami schiacciati di biancospino, chiamata “jerrin”». Gli
anziani raccontano che i bambini «si masticano le labbra e la lingua»
perché non hanno altro da mangiare. Per Chossudovsky, è «una catastrofe
in divenire»: in alcune aree della Somalia i prezzi sono aumentati del
500%, la popolazione è disperata e si teme che il peggio debba ancora
arrivare.
E’ infinita la lista dei paesi
ridotti in miseria, non certo aiutati dall’ultima crisi finanziaria
mondiale: se i prezzi-base sono improvvisamente crollati alla fonte, non
sono invece cambiati per i consumatori poveri: «I meccanismi basilari
della manipolazione dei prezzi mondiali, per i forti interessi
collettivi e per gli speculatori istituzionali, sono rimasti intatti
sotto un punto di vista funzionale», accusa Chossudovsky. «Non si può
escludere una nuova ondata di commercio speculativo negli alimenti di
base e nel carburante», ovvero nei beni primari: «Regolari provviste di
cibo, carburante e acqua sono
un requisito per la sopravvivenza della specie umana. Costituiscono le
fondamenta economiche e ambientali per lo sviluppo di una società
civilizzata».
Acqua, cibo e petrolio:
«Senza precedenti nella storia dell’umanità, questi tre prodotti di
base o beni essenziali, che in un certo senso determinano la
riproduzione della vita economica e sociale sul pianeta Terra, sono
sotto il controllo di un ristretto numero di società per azioni e
istituzioni finanziarie mondiali. Il destino di milioni di esseri –
continua Chossudovsky – viene deciso dietro le porte chiuse delle sale
di consiglio d’amministrazione delle società, come parte di un’agenda
guidata esclusivamente dal profitto». In più, «organizzazioni
governative o intergovernative sono complici di questi sviluppi: le politiche economiche e finanziarie dello Stato sono controllate da interessi societari privati».
Il commercio speculativo, scrive
Chossudovsky, non è oggetto di politiche regolatrici. E’ anzi valido il
contrario: «La cornice del mercato speculativo nelle Borse Merci è protetta dallo Stato. Per di più, le forniture di cibo, acqua
e carburante non sono più soggette alla regolamentazione o
all’intervento governativo o intergovernativo con lo scopo di alleviare
la povertà o evitare la rapida diffusione di carestie». Siamo a un
capolinea drammatico, che si tende a non vedere: «Ampiamente offuscata
dai rapporti ufficiali e da quelli dei media, sia la “crisi del cibo”
che la “crisi del petrolio” sono il risultato di una manipolazione speculativa delle valute di mercato da parte dei potenti attori dell’economia». Attori che agiscono tramite un meccanismo di mercato
apparentemente neutro e “invisibile”, con conseguenze «devastanti», che
«vengono disinvoltamente accantonate come il risultato di
considerazioni tra domanda e offerta».
Non ci si sta occupando di “crisi” del cibo, carburante o acqua,
distinte e separate, ma di un processo mondiale di ristrutturazione
economica e sociale, avverte Chossudovsky. L’impennata drammatica dei
prezzi di queste tre materie prime non è un caso: «Tutte e tre le
variabili, compresi i prezzi degli alimenti di base, dell’acqua per la produzione e il consumo, e del carburante, sono oggetto di un processo di manipolazione del mercato
deliberata e simultanea». Tra il 2005 e il 2008, quando la crisi del
cibo fu un crescendo di prezzi degli alimenti, aumentarono di colpo
anche il prezzo del petrolio e quello dell’acqua
privatizzata, indispensabile risorsa per la produzione agricola e
industriale, per l’infrastruttura sociale, per la sanità pubblica e il
consumo domestico.
Proprio la privatizzazione dell’acqua
su scala mondiale ha fatto crescere enormemente il prezzo della risorsa
vitale più preziosa: «Stiamo affrontando il più importante
sconvolgimento economico e sociale, e una crisi globale senza
precedenti, caratterizzata dalla relazione triangolare tra acqua,
cibo e carburante – tre variabili fondamentali che insieme si
ripercuotono sugli stessi mezzi di sopravvivenza umana». Impennate dei
prezzi, continua Chossudovsky, che impoveriscono e distruggono le vite
delle persone. «Per di più, il collasso mondiale nel tenore di vita si
sta verificando in un periodo di guerra: è strettamente correlato al programma militare».
Le guerre nel Medio Oriente e nell’Asia Centrale stringono una relazione diretta con il controllo del petrolio e delle riserve d’acqua. Sebbene l’acqua non sia al momento una materia prima venduta a livello internazionale come può valere per il petrolio e gli alimenti di base, è anche oggetto della manipolazione del mercato attraverso la sua privatizzazione. L’acqua
è una risorsa naturale oggetto sia di acquisto che di vendita. La
tendenza punta verso la sua commercializzazione. «Sia lo Stato, così
come la serie di organizzazioni internazionali – a cui spesso ci si
riferisce come “comunità internazionale” – sono al servizio degli
interessi spregiudicati del capitalismo mondiale».
I principali organi
intergovernativi, incluse le Nazioni Unite, le istituzioni della Bretton
Woods e l’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) hanno
sottoscritto il Nuovo Ordine Mondiale (New World Order) a favore dei
loro finanziatori societari. Tutti i governi, accusa Chossudovsky, hanno
abbandonato il loro ruolo storico di regolatori delle variabili
economiche chiave, così come quello di garanti dei mezzi di sussistenza
minimi del loro popolo. E i media «hanno sviato con noncuranza
l’opinione pubblica in merito
alle cause dell’impennata dei prezzi del 2005-2008, concentrandosi
quasi esclusivamente su questioni come i costi di produzione, il clima e
altri fattori», irrilevanti nel giustificare l’impressionante impennata
dei prezzi.
Da New York a Chicago, c’è chi
manovra per fare miliardi sulla pelle dell’umanità: «I prezzi del grano
vengono intenzionalmente incrementati tramite operazioni speculative di
larga scala». Il Chicago Board of Trade e il Chicago Mercantile Exchange
hanno costituito la più grande entità mondiale che si occupa del
commercio delle materie prime, «inclusa una vasta gamma di strumenti
speculativi (premi, premi sui futures, fondi comuni d’investimento
indicizzato, e così via)». Il commercio speculativo del frumento, del
riso o dei cereali «può verificarsi in assenza di una transazione vera
delle materie prime».
Le istituzioni che speculano nel mercato
del grano, dice Chossudovsky, non sono necessariamente coinvolte
nell’effettiva vendita o consegna del grano stesso. «Le transazioni
possono utilizzare i fondi comuni d’investimento indicizzato delle
materie prime, ovvero scommesse sul generale movimento di rialzo o
ribasso dei prezzi di queste materie». Una “vendita a premio”, che
scommette sul calo del prezzo o sul suo aumento. Gli utili si ottengono
quando il prezzo cresce. Al contrario, se lo speculatore vende allo
scoperto, se ne trarranno guadagni quando il prezzo crolla. «Attraverso
manipolazioni interessate, speculatori istituzionali e istituzioni
finanziarie fanno crescere il prezzo e poi piazzano le loro scommesse su
un movimento in rialzo nel prezzo di una particolare materia prima».
Proprio la speculazione «dà vita alla volatilità del mercato».
A sua volta, «l’instabilità che ne deriva incoraggia ulteriori attività
speculative». E il mondo, nel frattempo, rischia di morire di fame
(info: www.megachip.info).
tratto da www.libreidee.org
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