Vite spezzate sotto le macerie di quelle fabbriche che sono l'anima e il cuore dell'economia emiliano-romagnola. Come la Ceramica Sant'Agostino in cui hanno perso la vita Leonardo
Ansaloni, 45 anni, e Nicola Cavicchi, di dieci anni più giovane. Vittima della sorte, quest'ultima: doveva andare al mare, ma poi le nuvole e la pioggia lo hanno convinto a sostituire un
collega malato. E poi ancora Gerardo Cesaro, 57 anni, morto alla Tecopress di Dosso, frazione di Sant'Agostino, una fonderia che produce a ciclo continuo, e Tarik Nauch, operaio
marocchino di 29 anni morto alla Ursa, azienda di polistirolo espanso a Bondeno, dove progettava di portare la moglie sposata da poco.
Poteva essere una strage di fedeli se la terra avesse tremato così solo qualche ora dopo. Ricca di chiese e di campanili in parte crollati, questa landa padana di confine fra Emilia, Lombardia e Veneto, così piatta da non scorgere all'orizzonte neppure una collina, ha scritto invece la pagina più nera degli operai della notte. Ben prima che sorgesse il sole Nicola Cavicchi, Leonardo Ansaloni, Gerardo Cesaro e Naouch Tarik erano tutti al lavoro, chi a scaricare lastre di alluminio, chi alle prese con i forni delle ceramiche, chi a controllare il polistirolo. Tutti turnisti dalle 20 alle 6 del mattino, sotto i rispettivi capannoni, così movimentati e assordanti da non accorgersi della prima scossa, quella dell'una di notte. «Non l'abbiamo sentita, c'era il rumore delle presse», ha detto Ghulam Murtaza, il miracolato della Tecopress. Tutti assunti, regolari, Ansaloni e Casaro con moglie e figli da mantenere, i più giovani Cavicchi e Tarik con il sogno della famiglia. «Nicola si era fatto un mutuo e una casa e voleva sposarsi, pensava a questo» ha detto suo fratello Cristiano. «Naouch stava aspettando il ricongiungimento con sua moglie Widad, risparmiava per questo», sospirava il papà del giovane marocchino. Per questo lavoravano anche di notte, anche il sabato notte. Eppure la domanda che molti si facevano domenica mattina davanti alle macerie era quella sospetta: come mai sotto i capannoni alle quattro del mattino? E come mai i tetti di quei capannoni, eretti nel 2010, crollano così, uccidendo coloro che ci lavoravano sotto? C'è chi dice che sono crollati perchè non avevano sostegni e Vasco Errani, presidente della Giunta Regionale, vuole capire bene cosa è successo. Anche il capo della protezione civile ha puntato il dito contro metodologie costruttive che pur nel rispetto delle norme antisismiche hanno prodotto il collasso delle strutture. Staremo a vedere, seguendo tutte le indagini che sicuramente i magistrati apriranno per accertare responsabilità all'indomani del sisma.
LE VITTIME
NAOUK —Si chiamava Naouch Tarik, aveva 29 anni ed era arrivato nel 1994 in Italia da Beni Mellal, Marocco, con papà Mustafà e mamma Fatiha. Operaio da sei anni della Ursa di Bondeno, una fabbrica di polistirolo, sabato notte non ce l’ha fatta a sfuggire al crollo. Dopo essere uscito perché tremava tutto, dice un suo collega, Naouch è tornato nel capannone a riprendere qualcosa o forse a chiudere il gas. «Sostituiva il capoturno, si sarà sentito responsabile. Mi hanno detto che gli è caduto addosso qualcosa », sussurra il padre con gli occhi lucidi, mentre poco più in là la madre urla di dolore e il fratello Hassan scuote la testa. E mentre lo dice la terra sussulta forte un’altra volta, alle 15 e 18, anche se lui non ci fa più molto caso: «Naouch era importante per me», ripete. Vivono in una grande casa immersa nelle campagne modenesi di Bevilacqua. Ci sono anche le due sorelle, un cognato e un’altra ventina di persone fra cui il console del Marocco a Bologna, Driss Rochdi. Il cognato alza un po’ i toni: «Voglio capire perché la struttura non ha retto». Il console usa la diplomazia: «Un grande dispiacere, confido nelle autorità italiane». Naouch, dicono tutti, era persona allegra e sportiva. Aveva chiesto da poco la cittadinanza italiana perché voleva portare a Bevilacqua Widad, la sua giovane moglie marocchina. Rimasta vedova a 18 anni.
GERARDO —Era l’uomo del muletto, l’operaio più esperto, 55 anni, una vita nella Tecopress di Dosso, fabbrica a ciclo continuo di lamierati per macchine. E lui, alle quattro del mattino si trovava al centro del capannone con il suo mezzo a caricare lastre di alluminio. L’ultima, drammatica corsa di Gerardo Cesaro di Molinella, sposato con due figli, la racconta l’operatore pachistano delle presse, Ghulam Murtaza: «A un tratto si è mosso tutto, una cosa forte, molto forte, mi sono detto è finita e siamo scappati fuori. Gerardo era sul muletto, l’ha fermato e anche lui ha iniziato a correre. Ma era indietro. Appena siamo passati dalla porta è venuto giù tutto. Lui era vicino all’uscita ma non è riuscito a evitare le lamiere che hanno distrutto tutto, anche la mia macchina parcheggiata fuori». Murtaza ha 40 anni, una moglie, quattro figli e 1.400 euro al mese di stipendio. «Gerardo era un uomo molto bravo e molto gentile». Per la notte, che sarebbe finita alle sei, lavoravano in dieci. Fra questi anche il nigeriano Casmir Mbanoske, che il titolare dell’azienda, Sergio Dondi, ha accompagnato a casa ieri insieme con Murtaza, rimasti appiedati. Siccome nessuno dei suoi connazionali l’ha più rivisto, una decina di amici di Casmir hanno protestato fuori e dentro i cancelli della Tecopress. «Stiano tranquilli, il loro amico prima o poi si farà rivedere », hanno tentato di tranquillizzarli i carabinieri.
Le macerie dell'altoforno dove è morto Leonardo Ansaloni, 51 anni |
di
Nessun commento:
Posta un commento