quarto stato

martedì 7 giugno 2011

Missili sulle navi passeggeri, distrutti o destinati a una rotta segreta?

Giallo su dove sono finite le armi di Zhukov. Portate in un sito segreto dopo il trasferimento a Civitavecchia su un traghetto di linea. Guardia del Moro liberata per la Nato o le armi sono state trasferite per essere usate?

LA MADDALENA. La magistratura seguirà la sua strada: definirà i profili di responsabilità, verificherà l'eventuale violazione delle procedure di sicurezza e chiarirà chi e perché ha deciso il trasferimento delle armi, che nel 1994 erano destinate al mattatoio dei Balcani, dall'isola-bunker di Santo Stefano a Civitavecchia su traghetti passeggeri invece che su naviglio militare. Un'operazione che, al di là della sua compatibilità con norme e regolamenti, appare a dir poco non ortodossa se non addirittura molto discutibile. E che apre inevitabilmente un fronte politico.

Le prime reazioni di alcuni parlamentari sardi come Gian Piero Scanu e Giulio Calvisi, ma anche le preoccupazioni espresse dal presidente della Regione Ugo Cappellacci sono infatti il segnale chiaro di un ritorno di attenzione sulla questione più generale della presenza militare nell'isola. Un dibattito che aveva raggiunto toni acuti e momenti di confronto anche ruvido negli anni scorsi tra la Regione e il governo e la Difesa, ma che si è poi progressivamente affievolito.

Negli ultimi mesi qualcosa ha ricominciato a muoversi, per dire la verità, con l'inchiesta aperta dalla procura di Lanusei sulle attività nel poligono interforze del Salto di Quirra e le sue pericolose ricadute sul piano ambientale e della salute pubblica. E hanno alimentato legittime preoccupazioni alcuni episodi inquietanti, come la presenza di personale militare iraniano nel poligono di Teulada per testare l'elicottero da combattimento Mangusta. Circostanza smentita dal comando militare della Sardegna che ha però tenuto a chiarire che le attività all'interno dei poligoni dipendono direttamente da Roma.

Il caso del trasferimento delle armi sequestrate all'oligarca russo Alexander Borisovic Zhukov è però anche la premessa di un giallo politico-militare ancora tutto da chiarire. Prima di tutto: si sa che migliaia di kalashnikov, di razzi e di missili sono partiti dal deposito-bunker di Guardia del Moro, a Santo Stefano, ma non si conosce la loro destinazione. Perché, poi, questo trasferimento è stato deciso proprio ora, cioè a sei anni dalla sentenza della Cassazione che assolse per difetto di giurisdizione Zhukov e altre nove persone, tra le quali l'imprenditore greco Kostantinos Dafermos, il trafficante ungherese Gedda Mezosy e l'ex agente del Kgb Anatolij Fedorenko, considerato in stretti rapporti con la Solnetsevskaja (Brigata del Sole), uno dei più potenti clan della mafia russa?

La magistratura respinse la richiesta di Zhukov di riavere indietro l'arsenale sequestrato (per un valore di decine di milioni di dollari) sulla Jadran Express perché, al di là del mancato riconoscimento della responsabilità penale degli imputati, le armi erano destinate alle fazioni in lotta nella ex Jugoslavia e quindi era stato forzato, illegittimamente per il diritto internazionale, il blocco imposto dall'Onu.

La magistratura torinese dispose quindi la distruzione dell'immenso arsenale che era stato stoccato nelle gallerie sotto roccia di Guardia del Moro. Ma nessuno ha fino a oggi provveduto ad eseguire l'ordine. Quelle armi sono rimaste così conservate a Santo Stefano, quasi a legittimare l'utilità del deposito, proprio mentre si scatenavano furenti polemiche sull'opportunità di dismettere Guardia del Moro e restituire i terreni ai legittimi proprietari.
Ecco dunque la prima domanda che attende una risposta: perché le armi non sono state distrutte? Ma aprendo gli archivi e rileggendo con attenzione il caso della Jadran Express, si scopre che forse merita un approfondimento anche il trasferimento delle armi da Taranto a Santo Stefano, subito dopo il sequestro. Sì, perché pare che, come è accaduto nelle scorse settimane, la Difesa anche allora si sia rivolta a un'impresa privata specializzata nei trasporti. Da qui il dubbio che anche negli anni Novanta, il trasporto dell'arsenale possa essere avvenuto non su naviglio militare, ma su traghetti civili di linea.

C'è poi la domanda forse più importante: dove sono state realmente trasferite le armi di Zhukov? Problema non secondario, questo. Ma ogni risposta apre nuove domande. Per esempio: se sono state destinate alla distruzione si deve capire perché lo si fa proprio ora, 17 anni dopo il sequestro e sei anni dopo la sentenza della Cassazione.

Se invece sono destinate a essere stoccate in un altro deposito nella Penisola, ne consegue in logico interrogativo: perché si è deciso di sgomberare le gallerie di Guardia del Moro? Forse si è deciso di destinarle a un nuovo utilizzo, visto che è stata già presentata la domanda di rinnovo della servitù militare che scade nel febbraio del prossimo anno? E se sì, c'entra qualcosa il crescente interesse della Nato per creare un presidio nell'arcipelago maddalenino come si è appreso nei mesi scorsi da alcune indiscrezioni?

C'è infine un'ultima ipotesi che però probabilmente non potrà mai avere una risposta. Ipotesi fantasiosa, si dirà, ma che ha qualche imbarazzante precedente storico. L'ammiraglio Fulvio Martini, che diresse il servizio segreto militare (allora Sismi), ammise in un'audizione davanti alla Commissione stragi del Parlamento il 6 ottobre 1999: «Negli anni 1985-1987 noi organizzammo una specie di colpo di stato in Tunisia, mettendo Ben Alì alla presidenza e sostituendo Bourghiba, ormai senescente, che voleva fuggire». Insomma, un "golpe morbido" voluto e organizzato dal governo Craxi e attuato proprio dal Sismi.

Martini usò molta prudenza, ma comunque ammise nella sostanza i fatti. Rivelando così l'esistenza di quella politica parallela, occulta, che si sviluppa fuori dai canoni dell'ortodossia diplomatica ufficiale. Per la verità, uno 007 italiano che partecipò al golpe in Tunisia, nome in codice G-71, parlò di un colpo di stato con momenti anche cruenti, anche con il ricorso alle armi. Tutta questa premessa per ipotizzare un possibile, ipotetico, utilizzo delle armi di Zhukov in uno scenario internazionale. Magari nell'area africana.

di Piero Mannironi

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Giallo su dove sono finite le armi di Zhukov

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