quarto stato

venerdì 1 novembre 2013

Ricordando Pasolini...

Foto: Nella notte tra l'uno e il due Novembre, veniva barbaramente assassinato Pier Paolo Pasolini. Di anni ne sono passati 38 da quando fu commesso il delitto all'Idroscalo di Roma. 38 anni nella vana attesa di una verità processuale che ci consegni i veri autori dell'efferato crimine, che ci faccia conoscere il nome degli esecutori e dei mandanti che hanno messo a tacere "uno degli intellettuali più «scomodi» del Novecento, voce controcorrente e fuori dal coro, voce, spesso, anti-potere" come ha scritto ieri il Corriere della Sera.
Ciao PPP, io voglio ricordarti così, con dei versi scritti all'indomani della strage dell'11 settembre:

Sopra tre versi di Pasolini
(dopo il crollo delle Torri Gemelle)

Il mondo ha patteggiato il suo zero
l’esilio definitivo dei gigli.
Menzogne cadenti si staccano dalle labbra
impastano polvere e saliva
un pane rassegnato, gemente, già segnato
in una linea di qualche Preistoria futura
senza zolfo né fiamma né alito né voce di stella,
voce d’amore che fece
la vita nei secoli.

Avevi ragione tu:
“la morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi”.

Ah l’ho vista,
arruffata di nodi e anestesie
la grigia testa della metropoli,
decapitata non per rinascere
ma perché continuasse obbediente
l’ordine feticcio del dare e dell’avere
in altri nuovi giorni di carnevale e dolore. 

Ed io là, figlio estremo della riva,
coi sensi tesi ad ascoltare i passi
della mia confusa visione
gli striduli ingranaggi d’una Eternità grande,
eppure dissacrata dalla morte:
enormi meccanici clisteri, giganteschi buffoni
e mani stupefacenti;
mani eroicamente inconsapevoli
abbandonate al vento testimone
di povere vittorie,
a quel loro dio che puzza
di polvere da sparo e possesso.

L’ho vista la tragedia dell’Essere,
il terrore improvviso di non essere
che incerto fumo, polvere
un’ombra disamorata al suo destino.
L’ho vista la civiltà, e ho visto le macerie
i neri invincibili acciai, la torreggiante
hybris padrona
ardere assieme ai vermi della ferocia seminata.
Povere anime ignare,
morte senza conoscere la morte,
senza sapere ch’era già reliquia
di morte la vita.

Povere anime sepolte sotto calcolate vendette,
rattrappite nel gelo di un sentimento perso: forse
anche chi vi piange non sa
che solo lacrime non bastano
per risalire vivi nuovamente ai vivi.
Sì, avevi ragione tu:
dietro le finestre dietro i balconi
nello spazio degli occhi
ciò che era perduto era azzurro.

da Non siamo ombre, monologhi e poesie 

Nella notte tra l'uno e il due Novembre del 1975, veniva barbaramente assassinato Pier Paolo Pasolini. Di anni ne sono passati 38 da quando fu commesso il delitto all'Idroscalo di Roma. 38 anni nella vana attesa di una verità processuale che ci consegni i veri autori dell'efferato crimine, che ci faccia conoscere il nome degli esecutori e dei mandanti che hanno messo a tacere "uno degli intellettuali più «scomodi» del Novecento, voce controcorrente e fuori dal coro, voce, spesso, anti-potere" come ha scritto ieri il Corriere della Sera.
Ciao PPP, io voglio ricordarti così, con dei versi scritti all'indomani della strage dell'11 settembre:


Sopra tre versi di Pasolini
(dopo il crollo delle Torri Gemelle)

Il mondo ha patteggiato il suo zero
l’esilio definitivo dei gigli.
Menzogne cadenti si staccano dalle labbra
impastano polvere e saliva
un pane rassegnato, gemente, già segnato
in una linea di qualche Preistoria futura
senza zolfo né fiamma né alito né voce di stella,
voce d’amore che fece
la vita nei secoli.

Avevi ragione tu:
la morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi
”.

Ah l’ho vista,
arruffata di nodi e anestesie
la grigia testa della metropoli,
decapitata non per rinascere
ma perché continuasse obbediente
l’ordine feticcio del dare e dell’avere
in altri nuovi giorni di carnevale e dolore.

Ed io là, figlio estremo della riva,
coi sensi tesi ad ascoltare i passi
della mia confusa visione
gli striduli ingranaggi d’una Eternità grande,
eppure dissacrata dalla morte:
enormi meccanici clisteri, giganteschi buffoni
e mani stupefacenti;
mani eroicamente inconsapevoli
abbandonate al vento testimone
di povere vittorie,
a quel loro dio che puzza
di polvere da sparo e possesso.

L’ho vista la tragedia dell’Essere,
il terrore improvviso di non essere
che incerto fumo, polvere
un’ombra disamorata al suo destino.
L’ho vista la civiltà, e ho visto le macerie
i neri invincibili acciai, la torreggiante
hybris padrona
ardere assieme ai vermi della ferocia seminata.
Povere anime ignare,
morte senza conoscere la morte,
senza sapere ch’era già reliquia
di morte la vita.

Povere anime sepolte sotto calcolate vendette,
rattrappite nel gelo di un sentimento perso: forse
anche chi vi piange non sa
che solo lacrime non bastano
per risalire vivi nuovamente ai vivi.
Sì, avevi ragione tu:
dietro le finestre dietro i balconi
nello spazio degli occhi
ciò che era perduto era azzurro.

da
Non siamo ombre, monologhi e poesie, 2013