quarto stato

sabato 2 giugno 2012

Finalmente la Sardegna non sarà più l’isola con le stellette


È la fine di un’epoca. Gli oltre 35mila ettari di servitù militare che gravano sulla Sardegna non sono più un tabù, non sono più l’intoccabile e anacronistica eredità della Guerra Fredda che pesava come un macigno sulla vita dell’isola. Il voto unanime della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito ha spazzato via tutto: ombre, ambiguità, interessi e paure. Ha ragione chi la definisce oggi una svolta storica. I valori metapolitici del diritto alla salute e della difesa dell’ambiente hanno alla fine prevalso su logiche di convenienza, su neppure tanto nascosti interessi industriali e su una concezione anacronistica delle forze armate.

Ma soprattutto, dopo oltre mezzo secolo, la Sardegna esce da quella condizione di sussidiarietà rispetto al resto del Paese, che la obbligava a pagare un prezzo infinitamente più alto delle altre regioni alla sicurezza nazionale. Un riequilibrio dei doveri e degli oneri che non sono riusciuti a raggiungere la passionalità politica di Mario Melis, il pragmatismo di Federico Palomba e la rude fermezza di Renato Soru.
È stata la sindrome di Quirra”, con la sua dolorosa catena di morte e sofferenza, a corrodere come un tarlo certezze inossidabili, come il dogma dell’intangibilità del mondo militare. Il sospetto che nei poligoni sardi fosse stato utilizzato munizionamento all’uranio impoverito è stato solo il punto di partenza di un processo lento di presa di coscienza di una condizione drammatica di diritti dimenticati. Fondamentale, in questo senso, è stato il ruolo di associazioni pacifiste come “Gettiamo le basi”, che hanno consentito di tenere sempre alta l’attenzione e la tensione civile.
Dieci anni non sono stati sufficienti per effettuare una ricerca epidemiologica seria e approfondita. Anni nei quali si sono inseguiti improbabili fantasmi (come quello dell’inquinamento da arsenico) e si sono inutilmente succedute commissioni d’inchiesta, commissioni scientifiche e gruppi di lavoro. Dieci anni senza risposte. Poi è arrivato il “ciclone Fiordalisi” che, con la sua indagine, ha portato alla luce la realtà cruda del disastro ambientale di Quirra.
È innegabile che la Commissione parlamentare d’inchiesta, che ha avuto nel senatore del Pd Gian Piero Scanu il motore instancabile, ha avuto così la possibillità di acquisire quegli elementi che consentivano di comporre il mosaico secondo un ordine coerente.
Ieri il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi ha preferito mantenere una posizione molto defilata sulla decisione politica di chiudere i poligoni di Teulada e Capo Frasca e riconvertire quello del Salto di Quirra: «Ãˆ una decisione politica e ne prendo rispettosamente atto. Non la commento, ma sono contento».
Resta comunque aperto il capitolo delle responsabilità. L’inchiesta di Fiordalisi è chiusa e approderà nelle prossime settimane davanti al giudice dell’udienza preliminare. Gli indagati sono una ventina.
C’è comunque da fare oggi un bilancio. Ed è quello sul tempo perduto prima di arrivare alla decisione di ridimensionare la presenza militare in Sardegna. È infatti anche il momento di ripensare alle pesanti responsabilità politiche di chi ha contribuito a perpetuare una situazione di incertezza e di pericolo per chi lavora dentro il poligono e per chi ci vive intorno. Anche di chi ha agitato i fantasmi della fame e della disoccupazione per depistare l’attenzione dal cuore oscuro del problema. E cioè la presenza dentro i poligoni di veleni capaci di uccidere.
Ecco perché oggi è giusto non dimenticare che in questa lunga storia molte sono le ambiguità e le opacità che hanno creato il paradosso che le vittime sono diventate a un certo punto i peggiori nemici della verità. E così il diritto al pascolo è diventato più importante di un'ipoteca seria sulla salute e sulla vita. Oppure uno stipendio come impiegato civile nella base è stato capace di dissolvere la paura di una possibile leucemia o di avere un figlio deforme. È la scelta triste del vuoto. O meglio, la rassegnazione a un vuoto che sostituisce speranze, prospettive e progetti. Una solitudine che alla fine corrisponde alla negazione di una consapevolezza politica e spinge fino all'estrema conseguenza del ripetersi quotidiano di un esorcismo inconscio che porta a negare perfino l'evidenza.
A questa gente, alle popolazioni che vivono intorno ai poligoni, oggi spetta il sacrosanto diritto a un risarcimento: il riconoscimento a un lavoro, a una prospettiva, a un progetto di vita. E qui entra in gioco il mondo della politica, soprattutto quello regionale, ieri incredibilmente assente, incredibilmente distratto. Come se tutti questi anni di agghiacciante escalation di tumori o la nascita di bambini deformi siano appartenuti a una storia lontana. Una storia estranea alla nostra vita comunitaria.
Per concludere: oggi è stata anche la vittoria di un sindaco-galantuomo, Antonio Pili, che nel 2002 era primo cittadino di Villaputzu: Fu il primo a denunciare, in solitudine, la tragedia di Quirra.
di Piero Mannironi http://lanuovasardegna.gelocal.it

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