È la fine di un’epoca. Gli oltre 35mila ettari di servitù militare
che gravano sulla Sardegna non sono più un tabù, non sono più
l’intoccabile e anacronistica eredità della Guerra Fredda che pesava
come un macigno sulla vita dell’isola. Il voto unanime della Commissione
parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito ha spazzato via tutto:
ombre, ambiguità , interessi e paure. Ha ragione chi la definisce oggi
una svolta storica. I valori metapolitici del diritto alla salute e
della difesa dell’ambiente hanno alla fine prevalso su logiche di
convenienza, su neppure tanto nascosti interessi industriali e su una
concezione anacronistica delle forze armate.
Ma soprattutto, dopo oltre mezzo secolo, la Sardegna esce da quella
condizione di sussidiarietà rispetto al resto del Paese, che la
obbligava a pagare un prezzo infinitamente più alto delle altre regioni
alla sicurezza nazionale. Un riequilibrio dei doveri e degli oneri che
non sono riusciuti a raggiungere la passionalità politica di Mario
Melis, il pragmatismo di Federico Palomba e la rude fermezza di Renato
Soru.
È stata la “sindrome di Quirra”, con la sua dolorosa catena di
morte e sofferenza, a corrodere come un tarlo certezze inossidabili,
come il dogma dell’intangibilità del mondo militare. Il sospetto che nei
poligoni sardi fosse stato utilizzato munizionamento all’uranio
impoverito è stato solo il punto di partenza di un processo lento di
presa di coscienza di una condizione drammatica di diritti dimenticati.
Fondamentale, in questo senso, è stato il ruolo di associazioni
pacifiste come “Gettiamo le basi”, che hanno consentito di tenere sempre
alta l’attenzione e la tensione civile.
Dieci anni non sono stati sufficienti per effettuare una ricerca
epidemiologica seria e approfondita. Anni nei quali si sono inseguiti
improbabili fantasmi (come quello dell’inquinamento da arsenico) e si
sono inutilmente succedute commissioni d’inchiesta, commissioni
scientifiche e gruppi di lavoro. Dieci anni senza risposte. Poi è
arrivato il “ciclone Fiordalisi” che, con la sua indagine, ha portato
alla luce la realtà cruda del disastro ambientale di Quirra.
È innegabile che la Commissione parlamentare d’inchiesta, che ha avuto
nel senatore del Pd Gian Piero Scanu il motore instancabile, ha avuto
così la possibillità di acquisire quegli elementi che consentivano di
comporre il mosaico secondo un ordine coerente.
Ieri il procuratore di Lanusei Domenico Fiordalisi ha preferito
mantenere una posizione molto defilata sulla decisione politica di
chiudere i poligoni di Teulada e Capo Frasca e riconvertire quello del
Salto di Quirra: «Ãˆ una decisione politica e ne prendo rispettosamente
atto. Non la commento, ma sono contento».
Resta comunque aperto il capitolo delle responsabilità . L’inchiesta di
Fiordalisi è chiusa e approderà nelle prossime settimane davanti al
giudice dell’udienza preliminare. Gli indagati sono una ventina.
C’è comunque da fare oggi un bilancio. Ed è quello sul tempo perduto
prima di arrivare alla decisione di ridimensionare la presenza militare
in Sardegna. È infatti anche il momento di ripensare alle pesanti
responsabilità politiche di chi ha contribuito a perpetuare una
situazione di incertezza e di pericolo per chi lavora dentro il poligono
e per chi ci vive intorno. Anche di chi ha agitato i fantasmi della
fame e della disoccupazione per depistare l’attenzione dal cuore oscuro
del problema. E cioè la presenza dentro i poligoni di veleni capaci di
uccidere.
Ecco perché oggi è giusto non dimenticare che in questa lunga storia
molte sono le ambiguità e le opacità che hanno creato il paradosso che
le vittime sono diventate a un certo punto i peggiori nemici della
verità . E così il diritto al pascolo è diventato più importante di
un'ipoteca seria sulla salute e sulla vita. Oppure uno stipendio come
impiegato civile nella base è stato capace di dissolvere la paura di una
possibile leucemia o di avere un figlio deforme. È la scelta triste del
vuoto. O meglio, la rassegnazione a un vuoto che sostituisce speranze,
prospettive e progetti. Una solitudine che alla fine corrisponde alla
negazione di una consapevolezza politica e spinge fino all'estrema
conseguenza del ripetersi quotidiano di un esorcismo inconscio che porta
a negare perfino l'evidenza.
A questa gente, alle popolazioni che vivono intorno ai poligoni, oggi
spetta il sacrosanto diritto a un risarcimento: il riconoscimento a un
lavoro, a una prospettiva, a un progetto di vita. E qui entra in gioco
il mondo della politica, soprattutto quello regionale, ieri
incredibilmente assente, incredibilmente distratto. Come se tutti questi
anni di agghiacciante escalation di tumori o la nascita di bambini
deformi siano appartenuti a una storia lontana. Una storia estranea alla
nostra vita comunitaria.
Per concludere: oggi è stata anche la vittoria di un
sindaco-galantuomo, Antonio Pili, che nel 2002 era primo cittadino di
Villaputzu: Fu il primo a denunciare, in solitudine, la tragedia di
Quirra.
http://lanuovasardegna.gelocal.it
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