quarto stato

sabato 5 ottobre 2013

Versi di pietà e rabbia...

Questi versi con in cuore e nella mente la tragedia di Lampedusa...

"Un attimo prima che finisca"

Gigantesco
l’uccello dalla testa di cavallo
sta oscurando il sole.
E’ abbastanza pesante
da perpetuare la notte;
abbastanza preciso
per strapparci la pelle i sogni le speranze.
E noi, fra ruggini pene
e feticci, sordi e muti
ce ne stiamo qui,
immobili,
impietriti dalla paura e dalla febbre
con la dignità raccolta nel palmo della mano.
La nostra dignità
lentamente abbandonata
alle maree dell’agonia.

Fratello addormentato, svegliati!
il cuore non regge più
questo contare i giorni e le morti,
la luce illividita
nelle case che i popoli si portano sulla schiena
come fagotti lungo sentieri
di taglienti geografie.
Svegliati:
l’aquila delle tempeste è venuta,
nel ventre occidentale ha fatto il nido
cova uova perfette,
temibili più del fuoco fuso nell’acciaio,
più dell’oblioso canto delle sirene.
Sì svegliati!
Incappucciati sotto cieli di stelle liquefatte
ci siamo persi,
lo siamo da tanto
appesi al ramo secco
del dare e dell’avere
la notte ci ha nascosto
oceani di solitudine
lo zero in cui muoiono le nostre anime.

E' tempo ora di gettare la maschera!
Guardiamoci le mani, i vestiti, l’anima:
senza respiro senza una tregua
(tra barili di petrolio, vetrine illuminate e libertà
di carta)
siamo noi,
i magnifici soldati eletti
difensori del fortino,
gli sbandieratori di un’idea di possesso che ci
possiede,
a premere bottoni inesorabili;
nostre sono le lame
che gelide e precise uccidono
e scavano sempre nuova miseria.
Siamo noi,
con nei geni Vangelo e Rinascimento
che ostentiamo la Legge e il Diritto
come dizionari, noi
i democratici esportatori
dell’incubo e del veleno
in lontani sogni innocenti. Noi,
aggrappati alla realtà di una vita irreale
incapaci di vedere
nei nostri occhi il suicidio di dio.

Sì fratello svegliati,
un attimo prima che finisca
questo tempo di incosciente anestesia
perché il dolore, che ti vide silenzioso
complice, all’improvviso viene e urla
il tuo nome,
lasciandoti sullo spiazzo delle capre,
più folle di ogni follia.

Vladimiro Forlese

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