quarto stato

venerdì 23 dicembre 2011

Morti sul lavoro, proposte interessanti

Sicurezza sul lavoro
"Serve una Procura Nazionale"

Tempi lunghi della giustizia e tempi brevi per i magistrati
di Santo Della Volpe per Articolo21


Basterebbero 5 righe per non interrompere il lavoro di anni  e la prospettiva di creare una Procura Nazionale per la Sicurezza sui luoghi di lavoro: 5 righe di modifica all’articolo 19 del decreto legislativo n. 160/2006 che potrebbero recitare così: “le disposizioni dei commi 1,2 e 2-bis del presente articolo non si applicano ai magistrati che esercitano funzioni giudicanti e requirenti di primo e secondo grado addetti alle sezioni e ai gruppi di lavoro specializzati nella trattazione dei procedimenti penali aventi per oggetto reati commessi con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza durante l’attività lavorativa”.


In questo modo le esperienze acquisite negli anni dell’inchiesta Thyssen ed Eternit presso la Procura  di Torino dal  gruppo di magistrati che collabora con il dott. Raffaele Guariniello di Torino,potrebbe salvarsi dalla rotazione decennale imposta dalla legge e dalla relativa applicazione da parte del CSM.   Volendo la stessa deroga può essere applicata ai magistrati della DDA, esperti in antimafia, come ha più volte chiesto la Procura di Palermo; o al limite anche ai pool di inchiesta sui reati  di matrice economico-finanziaria, ad esempio della Procura di Milano.  Ma per ora restiamo all’emergenza che si è aperta a Torino: in quell’Ufficio, come ha detto il Procuratore Capo Giancarlo Caselli al CSM, sono 13 i magistrati che dovrebbero cambiare ufficio e settore di lavoro, in avvicendamento con altri loro colleghi che non hanno mai lavorato nei settori  di destinazione: sono 17 a Milano, 11 a Roma, 9 a Padova e 7 a Reggio Emilia,per dare un quadro nazionale più vasto, ma in quegli altri Uffici, non c’è un pool così specializzato che ha posto le basi anche per dimostrare che con  indagini accurate ed un’adeguata organizzazione del lavoro, si possono fare processi veloci, indagini accurate e rendere,infine, giustizia alle vittime di infortuni gravi e stragi sul lavoro o per il lavoro (casi Thyssnkrupp ed Eternit).
 
Basi e “performance” che possono credibilmente  far avanzare l’ipotesi, basata su fatti, che una ‘Procura Nazionale sulla Sicurezza nei  luoghi di lavoro’ può far fare un salto di qualità nelle inchieste per i morti nei cantieri, nelle fabbriche e nelle campagne.  La rotazione  decennale, invece non aiuta:perché ci vuole tempo per  imparare metodi di indagine  diversi da quelli usuali e soprattutto acquisire quella mentalità ,nuova, che mette sullo stesso piano le morti sul lavoro con gli omicidi, facendo scattare da subito  perquisizioni,ricerca delle cause, isolamento del luogo dell’infortunio senza inquinare la ricerca di prove ecc. ecc.  E non basta la proroga di 6 mesi o l’addestramento di 6 mesi dei nuovi applicati insieme ai colleghi di più ampia esperienza a superare i problemi dell’avvicendamento; perché magari in quei 6 mesi non succede nulla che possa far scattare  le indagini  mettendo alla prova i nuovi magistrati e soprattutto la mentalità dei  magistrati appena arrivati in Procura. E poi, perché , come è successo per la Procura Nazionale Antimafia, è la specializzazione prolungata che fa acquisire memoria storica e giudiziaria tale da poter affrontare subito le indagini su una materia come i morti sul lavoro, che da troppi anni continuano a restare sulla quota di 1000 vittime l’anno.
 
Scrivono i magistrati del gruppo di lavoro sulla Sicurezza sul Lavoro di Torino nel documento che in altra parte del sito proponiamo integralmente: “Le leggi italiane offrono strumenti potenzialmente efficaci a tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Perché allora tanti infortuni sul lavoro e tante malattie professionali?  Il fenomeno che più caratterizza è la concreta disapplicazione delle leggi. Una causa è la carenza nei controlli. Sotto questo angolo visuale, occorre, in particolare, porre in risalto senza falsi pudori le lacune che minano l’intervento della magistratura nel settore della sicurezza del lavoro.  In alcune parti del nostro Paese, i processi in materia di sicurezza del lavoro proprio non si celebrano; in altre, si celebrano, ma spesso con tale lentezza da arrivare alla prescrizione del reato. La conseguenza è devastante: si sviluppa l’idea che le regole esistono, ma possono essere violate senza incorrere in effettive responsabilità. Pressante è l’esigenza di dare finalmente una concreta risposta alle istanze di giustizia che provengono dal mondo del lavoro, e, a questo scopo, di pensare una nuova organizzazione giudiziaria che valga a garantire interventi sistematici e coerenti su tutto il territorio nazionale a protezione anche in fase preventiva della sicurezza sul lavoro. Una organizzazione altamente specializzata, e non quindi frammentata nelle tante procure della repubblica (sovente di ridotte dimensioni) attualmente istituite in Italia".

Le proposte direttamente indirizzate al governo sono molto semplici ma innovative (si possono leggere integralmente nel documento su citato); ma hanno tutti una filosofia nuova nella stessa  organizzazione della giustizia: Quella cioè secondo la quale è necessario aggredire i problemi più profondi del paese, con una maggiore specializzazione dei magistrati. Ed è importante che il governo capisca che  i morti sul lavoro sono l’emergenza italiana, così come lo sono il lavoro, la tutela del risparmio, le imprese e le libertà costituzionali con i diritti e doveri di tutti.  A questo proposito è importante che il ministro Fornero abbia  espresso subito la sua volontà di affrontare il fenomeno morti sul lavoro, anche  con interventi televisivi importanti  sulle trasmissioni dei programmi. Con una osservazione che ci permettiamo di fare al ministro: se si vuole sradicare il fenomeno dei morti sul lavoro bisogna lavorare sia sul piano legislativo che giudiziario, come  il ministro Fornero ha giustamente detto: ma allora, oltre a cercare di assecondare il lavoro dei magistrati come il dottor Guariniello (chiedendo al presidente Monti ed al ministro Severino di  approvare per decreto quelle 5 righe di cui parlavamo all’inizio), è necessario che si rivedano i decreti attuativi della legge 81 del precedente ministro Sacconi che avevano in parte stravolto il Testo Unico sulla Sicurezza nei luoghi di Lavoro, approvato dal Parlamento per iniziativa del governo Prodi. Quei provvedimenti attuativi hanno infatti allargato le maglie discrezionali dei datori di lavoro in materia di sicurezza e prevenzione, allentando anche la catena delle responsabilità e, in sintesi, erano andate in senso inverso alla preoccupazione dei magistrati di Torino ,favorendo invece quel senso di impunità che favorisce ,alla fine, gli infortuni, sviluppando l’idea “che le regole ci sono ma possono essere violate senza incorrere in effettive responsabilità”. E’ una cultura della sicurezza e della responsabilità da affermare,sia da parte dei datori di lavoro che dei sindacati e lavoratori: ma per ora è mancata l’azione politica del governo per affermare questa cultura nel Paese. Ci aspetteremmo che un governo ora, rovesci l’impostazione del precedente esecutivo targato Sacconi-Berlusconi.

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